Il comportamento degli individui è fortemente influenzato dal loro vissuto: l’ambiente familiare, l’educazione ricevuta, il contesto culturale e socio- economico hanno un peso importante nella definizione della nostra personalità e del modo in cui interagiamo con il mondo. La psicodinamica, modello di studio psicologico derivante dalla psicoanalisi freudiana, considera “il comportamento dell’individuo come mosso da motivazioni, cause e dinamiche profonde o inconsce”.
La psicodinamica ha contribuito ad fornire interessanti teorie in ambito criminologico spostando l’attenzione, in termini di criminogenesi, dalle caratteristiche bio-antropologiche agli aspetti psico-sociali. La psicoanalisi infatti considera il comportamento deviante come prodotto dell’inibizione della normale crescita, a causa di fissazioni in particolari momenti della vita del reo e della mancata risoluzione dei conflitti che si verificano nell’arco della crescita del soggetto.
La prima delle teorie che andremo ad introdurre oggi è quella dei così detti “criminali per senso di colpa”, sviluppata nel 1916 da Sigmund Freud. Secondo l’autore, la genesi dell’azione criminosa è legata alla necessità di alleviare un senso di colpa preesistente, e la cui origine riconduce al “Complesso di Edipo” che genera nel bambino una tendenza criminosa inconscia legata al conflitto con il padre e il tabù dell’incesto legato alla figura materna. Ciascun individuo si confronta con una pulsione di vita (Eros) e una pulsione di morte (Thanatos): la prima è legata alla libido e alla autoconservazione, la seconda si manifesta sotto forma di angoscia e senso di colpa. In parole povere, l’atto criminale per Freud potrebbe derivare da un conscio iperattivo che causa un potente senso di colpa a cui il soggetto non riesce a dare una spiegazione. Ciò lo spinge a mettere in atto comportamenti antisociali al solo scopo di essere punito e, attraverso la punizione, sentirsi liberato da questo inspiegabile senso di colpa.
Il concetto espresso da Freud è stato in seguito ripreso da Theodor Reik nel 1967, quando guardando ad uno dei casi precedentemente studiati da Freud (l’avvelenatore H.) teorizzò che alcuni soggetti avessero un impulso irresistibile a confessare (coazione a confessare) che emergerebbe attraverso Lapsus e dimenticanze o attraverso atti di arroganza. Questi comportamenti, secondo l’autore, sarebbero inconsciamente espressione di un bisogno di autoaccusa legato al senso di colpa teorizzato da Freud.
Franz Alexander e Hugo Staub, riprendendo i concetti di Freud sull’analisi del comportamento criminale, formulano una teoria di diagnostica dell’evento criminoso basata sul grado di partecipazione di Io cosciente e Inconscio: l’ Es gioca un ruolo importante nell’agire criminale e gli impulsi criminali sono presenti in tutti i soggetti. Tuttavia in alcuni soggetti gli impulsi restano controllati, grazie all’azione dell’IO mentre in altri soggetti quando l’IO è debole gli impulsi emergono sfociando nell’atto criminale.
Alcuni particolari processi dell’IO che si occupano delle difese nei confronti dell’ES, sono alla base anche di meccanismi di difesa tipici di chi mette in atto un crimine. Alexander e Staub in tal senso parlano di meccanismi della proiezione, quando i criminali cercano di giustificare i propri impulsi attribuendo ad altri colpe inesistenti, e di meccanismi di razionalizzazione, quando invece ricercano una spiegazione alle loro azioni tramite la logica e la morale.
I meccanismi di difesa sono collegati anche alla teoria della frustrazione e aggressività in rapporto alla criminalità, sviluppata da dal gruppo di Yale (John Dollard e colleghi), secondo cui il comportamento aggressivo è sempre motivato da una frustrazione repressa. Dollard e colleghi si contrapposero alla teoria freudiana, teorizzando che un soggetto sia motivato a comportarsi in modo aggressivo a causa della frustrazione. L’aggressività in questo caso serve per scaricare l’energia prodotta dalla frustrazione. Non c’è bisogno di aggiungere che questa teoria è stata oggetto di pesanti critiche perché considerata semplicistica, tanto che gli autori la modificarono eleggendo la frustrazione a stimolo che può o meno portare ad una risposta aggressiva.
Nel prossimo post continueremo in nostro viaggio nelle teorie criminologiche, focalizzandoci su quelle di stampo prettamente sociologico. Parleremo di statistiche criminali, del delitto come fatto sociale con Emile Durkheim e, tra le atre cose, conosceremo la scuola di Chicago.
References:
- Strano, Marco. Manuale di criminologia clinica. SEE Editrice Firenze, 2003.
- BISI, Roberta; SETTE, Raffaella; BALLONI, Augusto. Manuale di criminologia: I: le teorie. Manuale di criminologia, 2013
- BISI, Roberta (ed.). Psicodiagnostica e storie di vita in criminologia: un’analisi attraverso l’omicidio. FrancoAngeli, 2004.